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Eremo: 
 
Nei dintorni dell’attuale abbazia si trovano gli Eremi. Sorgono su luoghi inaccessibili: spesso gli eremiti non potevano accedere alla loro cella se non per mezzo di scale o corde legate a carrucole. L’eremitaggio a volte è costituito da una semplice grotta, lungo la parete scoscesa del fianco del vallone; altre invece da piccole costruzioni solitarie su dirupi impervi.
Nella dieta dei monaci il pane era essenziale: esso generalmente era cotto sul posto e nel nostro caso nell’eremo Mulino, una volta alla settimana, in quantità sufficiente anche per tutti gli altri monaci che vivevano negli altri eremitaggi. Era cotto in forme piccole e rotonde, come se ne vedono negli affreschi bizantini e nelle icone. La razione giornaliera secondo la regola di San Benedetto era di una libbra, pari a 1.053 grammi, per i due pasti della giornata ed unico nei periodi di Quaresima.
La dieta di questi monaci eremiti, molto povera ed austera, comprendeva anche l’olio e solo, come già ricordato per la carne, nelle feste solenni il vino. Colui che se ne privava era segno di una vita ascetica radicale.
I monaci avevano un’altra bevanda simile all’eukràtion, una bevanda calda, speziata con pepe, cannella e semi di finocchio. La menzione di questa bevanda nelle fonti letterarie testimonia la sua importanza nell’alimentazione, soprattutto d’inverno per combattere la rigidità del clima.
Le fonti parlano di mangiatori di erbe, di eremiti che scelgono la vita solitaria e si nutrono di erbe selvatiche, di capperi e per completare l’alimentazione di radici commestibili, tuberi amari, sterrati con l’aiuto di piccole zappe ed infine i legumi (la carne dei poveri) coltivati sui terrazzi delle pendici dei colli pulsanesi.
Gli effetti personali di un monaco che viveva in un eremo comprendevano pochi utensili, indispensabili per la loro vita quotidiana: una stuoia od un pagliericcio su cui dormire, una ciotola od una scodella, un’accetta ed una zappa necessarie ai lavori nei campi, una lampada ad olio, poiché scesa la notte il monaco poteva procedere alle ore notturne e continuare l’ascolto ed il dialogo col Signore, leggendo i libri sacri ed attendendo con la veglia il sorgere del sole, l’Oriens, lo Sposo.
I libri, molto costosi, erano rari nella cella di un monaco. Solo pochi potevano procurarseli, gli altri si accontentavano di averli in prestito dai vicini o dallo stesso scriptorium del monastero.

Tratto dal libro:
SANTA MARIA DI PULSANO
di Alberto Cavallini

 
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